Archivio per camilla

qui.accanto / 32

Allo stagista molte fotografie sono sfuggite. Ho tenuto i libri di narrativa, e ne sono zeppi. Nessuna mi sorprende. Mi diverte trovarle, non dovrebbero essere qua, mi sembra di averle rubate. Sono provini, stampe come appunti. Jacopo mi rimprovera. Tutti questi mesi di fronte senza di lui potrò tirarle fuori, il pensiero mi eccita per un momento, e ne sorrido, sono allegro: voglio aprire tutti i libri! Ne ho tirate fuori un po’ e qualcuna sì, so più o meno cosa sono, ma la maggior parte non ho idea. Abbastanza con certezza attribuisco ad un momento che mi pare esatto le prime e sicuramente le ultime. Me l’hanno detto così tante volte che l’ho imparato. Il fidanzamento con Jacopo è il mio spartiacque. Prima, dopo, tot anni. Ma tutto il prima si confonde sotto la grande etichetta “prima”. Lo stagista sapeva. Dove sono questi posti? Come ci arrivai? Da solo posso provare a guardare una singola fotografia a lungo, la esploro con gli occhi, e insieme i miei occhi vanno in esplorazione nel cervello in cerca di indizi. Alla fine per qualcuna ce la faccio. È come mi immagino sia fiocinare un pesce. Ho imparato che non sempre ho ragione. I libri in cui sono restano gli indizi più affidabili, mi gingillo con questa idea. Ma le fotografie sono state messe da me nei libri allo scopo di farmele trovare per caso. Per una fiducia implacabile che tutto sarebbe stato ricordato. Mi immaginavo ora che le trovo, quando le nascondevo. Potrei farlo ancora. Anche se mi scontro con l’opposta dimostrazione quotidiana, che mi viene fatta dalle persone, dalle cose, io sono certo di ricordare tutto. Non oso più toglierle però dai loro libri. Invece Camilla saprebbe, Marguerite saprebbe.

qui.accanto / 30

A un certo punto di Giugno Camilla restava al telefono. Mi parlava di una mostra di Weegee che forse si sarebbe fatta. Io chiedevo: -ma dove?-, Camilla girava in tondo. Da anni ci casco. Poi rallentava le parole, poi sembrava stessimo per chiudere e mi disse :-sai, l’altra settimana ho visto Agostino-. Erano sei anni che non lo vedevo io. Abbiamo una amica comune, che negli anni faceva un poco da ponte. Delle volte dicevo a Camilla delle cose pensando che forse sarebbero arrivate ad Agostino. Qualche successo, una storia. Ho sempre immaginato che Agostino così sapesse di me, e così io di lui.

qui.accanto / 11

Soprattutto da quando sono quassù, Camilla è il mio legame con il mondo.
Quando ho iniziato a pensare di smettere, le persone che frequentavo credevano che lo dicessi per farmi rassicurare sulla bontà del mio lavoro, Camilla invece non mi ha neanche guardato e ha detto: -finalmente, ce n’è dappertutto di gente che fotografa, almeno tu smetti.
Non so come fai, mi diceva, a prendere la macchina in mano e scattare. Dice: –Il peso, che deve essere, dice, tutte queste immagini, ce ne sono troppe. Ma che non scatti più nessuno per un anno!, alzando la voce, per un anno basta, fermi. Anzi, sai cosa ti dico? Fosse per me dieci anni dovete stare fermi, dieci, e tu per sempre se vuoi essere migliore degli altri. Basta-.
Io sono d’accordo con lei.

Da anni le mie fotografie passavano prima da lei, lei me le rimandava indietro senza un commento, e io ho imparato a tacere, o le vendeva senza dirmi dove, quando, perché, spuntando i prezzi migliori, le testate migliori.
Ho nel tavolo tre biglietti che in questi anni mi ha mandato, goffi e incerti da sembrare ironici, ma li ho tirati fuori tutte le volte che avevo delle incertezze. Di fondo disprezza tutti noi che ci arrabattavamo cercando di fare delle foto decenti, aumentandone il numero irresponsabilmente. Diceva: –io, io, io! Diceva al telefono in crescendo mentre buttava per la stanza le stampe di un malcapitato, principiante o famoso era lo stesso non cambiava niente-. Però insieme sa commuoversi di fronte al rarissimo scatto che le sembra, anche se mai sarebbe dovuto essere stato fatto, bello. Non bello. Direbbe: corretto.

Nessuna foto è mai abbastanza guardata, me lo dice al telefono quando si lamenta per la bulimia che deve arginare, o per l’impreparazione dei suoi interlocutori: -Forti, capisci? Vogliono immagini forti! No, ma scusa, dice. Ma come si può? Le immagini forti. Guarda, scusa se te lo dico, ma stai lì con le tue patate e lascia ben ben lontana la macchina-.