Archivio per marguerite

qui.accanto / 33

Marguerite e Nina si erano conosciute un pomeriggio. Tutt’e due facevano merenda. Marguerite leggeva. Un bar dove andavano dei suoi amici, di moda anni prima. Marguerite mi ha raccontato che aveva molto guardato Nina, che era con un piccolo gruppo di persone. Si era chiesta chi fossero. Erano di nazionalità diverse, colleghi più che amici. Nina si alzava e si sedeva. Marguerite leggeva, divertita. Poi sentì un senso di allarme: -se quella ragazza coi capelli neri, le lunghe braccia, il sorriso come tagliato sul volto, esce, cosa farò? Marguerite ne sentiva l’assenza. Nina venne a sedersi al suo tavolo. Dopo i suoi amici la chiamavano: -andiamo, vieni? Nina rivolta a Marguerite rispose: -vi raggiungo. Marguerite pensava che non sarebbe riuscita ad alzarsi. Contava tutte le lampadine dei lampadari. Il numero dei camerieri. Sommò le penne che spuntavano dalle tasche dei grembiuli. Sapeva quante ciascuno ne aveva in media. Contava le lettere delle parole che Nina diceva, i numeri le apparivano davanti agli occhi in rapidissima successione, in caratteri colorati. Nina parlava francese ma non lo era. Italiana? Qualcosa nella durezza delle “r” glielo faceva escludere. Argentina? Di dove? Nina chiedeva, parlava, raccontava, poi disse: -se una delle due non dice andiamo resteremo sempre qui. Marguerite rise con quel suo riso di quando è tesa, come un’espettorazione d’aria ma riuscì ad alzarsi. Nina aveva già pagato. Marguerite non sapeva quando.

qui.accanto / 32

Allo stagista molte fotografie sono sfuggite. Ho tenuto i libri di narrativa, e ne sono zeppi. Nessuna mi sorprende. Mi diverte trovarle, non dovrebbero essere qua, mi sembra di averle rubate. Sono provini, stampe come appunti. Jacopo mi rimprovera. Tutti questi mesi di fronte senza di lui potrò tirarle fuori, il pensiero mi eccita per un momento, e ne sorrido, sono allegro: voglio aprire tutti i libri! Ne ho tirate fuori un po’ e qualcuna sì, so più o meno cosa sono, ma la maggior parte non ho idea. Abbastanza con certezza attribuisco ad un momento che mi pare esatto le prime e sicuramente le ultime. Me l’hanno detto così tante volte che l’ho imparato. Il fidanzamento con Jacopo è il mio spartiacque. Prima, dopo, tot anni. Ma tutto il prima si confonde sotto la grande etichetta “prima”. Lo stagista sapeva. Dove sono questi posti? Come ci arrivai? Da solo posso provare a guardare una singola fotografia a lungo, la esploro con gli occhi, e insieme i miei occhi vanno in esplorazione nel cervello in cerca di indizi. Alla fine per qualcuna ce la faccio. È come mi immagino sia fiocinare un pesce. Ho imparato che non sempre ho ragione. I libri in cui sono restano gli indizi più affidabili, mi gingillo con questa idea. Ma le fotografie sono state messe da me nei libri allo scopo di farmele trovare per caso. Per una fiducia implacabile che tutto sarebbe stato ricordato. Mi immaginavo ora che le trovo, quando le nascondevo. Potrei farlo ancora. Anche se mi scontro con l’opposta dimostrazione quotidiana, che mi viene fatta dalle persone, dalle cose, io sono certo di ricordare tutto. Non oso più toglierle però dai loro libri. Invece Camilla saprebbe, Marguerite saprebbe.

qui.accanto / 25

Ci facciamo tante foto nei posti dove andiamo mentre ci baciamo, quasi sempre guardando l’obbiettivo. La prima serie è in un autogrill. Jacopo non voleva. Si vergognava. Mi diceva: -E se ti riconoscono?-. Sono un sollievo. Le abbiamo copiate da Nina e Marguerite. Marguerite aveva tante foto. In casa dei suoi c’erano le foto nelle cornici. C’erano quegli album di plastica con le foto messe nella pellicola trasparente. In casa dei miei tutte le foto stavano in un mobile, tutte mischiate. Non le diapo, tutte ordinate nei caricatori grigi, fuori scritto in caratteri piccoli “Scozia”, “Corsica”, “Figli”. Io non ho mai avuto delle foto delle persone in giro per casa e mai una foto in una cornice appoggiata su un tavolo. Mi avevano fatto pensare che fosse una cosa volgare. Jacopo ed io guardammo quelle foto di baci e ne siamo stati gelosi. Adesso le facciamo sempre. Con queste piccole macchinette. Con Agostino abbiamo una sola fotografia, mentre saliamo le scale di una casa a Bologna. I primissimi tempi. Poi più nessun’altra.